Dopo 7 anni di accuse false e slogan infamanti contro le organizzazioni umanitarie che salvano vite umane in mare, cade la maxi inchiesta avviata dalla procura di Trapani a settembre 2016. Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Trapani ha disposto il non luogo a procedere, decretando l’infondatezza delle accuse e il proscioglimento di tutti gli imputati del caso Iuventa.
Nel 2016 le autorità italiane avviarono le indagini sui membri degli equipaggi della Iuventa, una nave dell’ong tedesca Jugend Rettet, impegnata nella ricerca e nel salvataggio nel Mediterraneo. Le ong Medici Senza Frontiere, Save the Children e Jugend Rettet e vari loro dipendenti e volontari furono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione illegale in relazione a tre operazioni di salvataggio separate avvenute nel 2016 e nel 2017.
Nel 2017 il Procuratore di Trapani ordinò anche il sequestro della nave Iuventa, per 7 anni rimasta ferma e quindi ad oggi non più utilizzabile.
Nel 2021 la Procura di Trapani chiuse le indagini e formalizzò le accuse contro gli equipaggi di Save The Children Medici Senza Frontiere e Jugend Rettet.
L’inchiesta si basava su un racconto di alcuni addetti alla sicurezza imbarcati sulla nave di Save The Children, che rivelarono agli agenti segreti come le ong si fossero accordate con i trafficanti di esseri umani, simulando situazioni di emergenza e arrivando persino a restituire i barconi ai trafficanti.
Dopo 7 anni, queste accuse sono cadute, perchè infondate. “Nel corso dell’udienza, è stato possibile illustrare e portare all’attenzione del Giudice tutti gli elementi di prova che hanno smentito categoricamente ogni accusa, come acclarato dalla richiesta di non luogo a procedere formulata dai pubblici ministeri. Sono inoltre emerse l’encomiabile professionalità e dedizione con le quali tutto il personale dell’Organizzazione, ed in particolare il team leader responsabile per la missione, ha operato per l’intera durata della stessa”, ha dichiarato l’avv. Jean-Paule Castagno di Save The Children.
“Crolla il castello di accuse infondate che per oltre sette anni hanno deliberatamente infangato il lavoro e la credibilità delle navi umanitarie per allontanarle dal Mediterraneo e fermare la loro azione di soccorso e denuncia. Ma gli attacchi alla solidarietà continuano attraverso uno stillicidio di altre azioni: decreti restrittivi, detenzione delle navi civili, supporto alla guardia costiera libica che ostacola pericolosamente i soccorsi e alimenta sofferenze e violazioni, mentre le morti in mare continuano ad aumentare” ha dichiarato Christos Christou, presidente di Medici Senza Frontiere.
Continua la criminalizzazione della solidarietà
Come sottolinea Medici Senza Frontiere nell’ultimo anno le autorità italiane hanno emesso 21 fermi amministrativi contro navi umanitarie, impedendo la loro azione salvavita per 460 giorni complessivi.
La Geo Barents ha appena ripreso il mare dopo 20 giorni di detenzione, con l’ipocrita accusa di avere messo in pericolo la vita delle persone, dopo che una motovedetta libica aveva interrotto violentemente un soccorso già avviato. Oltretutto, alle navi civili vengono ormai assegnati porti lontani per sbarcare i sopravvissuti, per tenerle lontane dalla zona dei soccorsi.
Tutto questo, insieme a ciniche politiche di esternalizzazione delle frontiere avviate dalle autorità italiane ed europee, ha delegittimato il principio del soccorso e l’idea stessa di solidarietà. Cancellando l’imperativo umanitario sotto le logiche della difesa dei confini e riducendo drasticamente la possibilità di soccorrere.
Le conseguenze sono mortali: il 2023 è stato l’anno con il più alto numero di morti in mare dall’epoca delle accuse.