Giovedì il presidente americano Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone sanzioni alla Corte penale internazionale.
Nell’ordine si accusa la CPI di aver intrapreso “azioni illegittime e infondate contro l’America e il nostro stretto alleato Israele” e di aver abusato del suo potere emettendo “mandati di arresto infondati” contro Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant.
“La CPI non ha giurisdizione sugli Stati Uniti o su Israele”, afferma l’ordinanza, aggiungendo che la corte ha creato un “precedente pericoloso” con le sue azioni contro entrambi i paesi.
Le sanzioni danno la possibilità agli Stati Uniti di “congelare” beni appartenenti a membri della Corte e di negare il visto a loro e ai loro familiari.
Nel 2020 quando Trump sanzionò nuovamente la Corte penale internazionale perchè aprì delle indagini sui crimini commessi in Afghanistan, il governo americano bloccò i conti americani della procuratrice a capo della Corte all’epoca, Fatou Bensouda, e del suo vice, oltre a imporre a loro e a diversi funzionari della Corte restrizioni di viaggio negli Stati Uniti.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ringraziato Trump per “il coraggioso ordine esecutivo”.
“Difenderà l’America e Israele da un tribunale corrotto, antiamericano e antisemita, che non ha alcuna giurisdizione o base per impegnarsi in azioni legali contro di noi”, si legge nella dichiarazione.
“La Corte penale internazionale ha condotto una campagna spietata contro Israele come prova per un’azione contro l’America. L’ordine esecutivo del Presidente Trump protegge la sovranità di entrambi i paesi e i suoi coraggiosi soldati. Grazie, Presidente Trump”, ha aggiunto Netanyahu.
La Corte penale internazionale ha invece contestato il provvedimento, impegnandosi a continuare a lavorare per garantire la giustizia nel mondo.
Contro il provvedimento di Trump si sono schierati oltre 79 paesi delle Nazioni Unite (su 125 paesi). I principali sostenitori sono Francia, Germania e Spagna, oltre a Paesi Bassi, Grecia, Irlanda, Danimarca, Portogallo e, fuori dall’Ue, la Gran Bretagna. Manca l’Italia che non ha condiviso e quindi firmato la dichiarazione congiunta.
I Paesi nella dichiarazione sostengono che le sanzioni decise dagli Stati Uniti nei confronti Cpi, che a novembre aveva emesso un ordine di cattura verso il premier israeliano Benjamin Netanyahu e i leader di Hamas per crimini di guerra, “comprometterebbero in modo grave tutti i casi attualmente sotto inchiesta, perché la Corte potrebbe doversi trovare costretta a chiudere i suoi uffici sul campo”. Il rischio, aggiungono i firmatari, e’ anche quello di “erodere lo stato di diritto internazionale”.
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