Martedì a Riad sono previsti i primi colloqui tra Usa e Russia per porre fine alla guerra in Ucraina.
Trump ha messo fine all’isolamento internazionale del presidente russo Putin, ha infranto l’unità occidentale sul conflitto, allontanandosi dall’Europa a favore di Putin.
Con una serie di dichiarazioni contrastanti alla conferenza sulla sicurezza di Monaco, gli assistenti di Trump nutrono preoccupazioni sul fatto che Trump possa accettare qualsiasi accordo con Putin, anche a discapito dell’Ucraina e dell’Europa i cui confini sono nuovamente minacciati dall’espansionismo russo.
L’esclusione dell’Europa e dell’Ucraina (almeno da questi primi colloqui) hanno allarmato i principali leader europei, tanto da portare il presidente Macron a convocare lunedì una riunione di emergenza a Parigi.
Il segretario di Stato Marco Rubio, il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz e l’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff guideranno la delegazione statunitense in Arabia Saudita.
Rubio ha definito l’incontro come un seguito alla telefonata di Trump con Putin della scorsa settimana. “Le prossime settimane e giorni determineranno se è una cosa seria o meno”, ha detto domenica su “Face the Nation” della CBS. “Alla fine, una telefonata non fa la pace. Una telefonata non risolve una guerra complessa come questa”.
Rubio ha anche contraddetto i commenti dell’inviato di Trump in Ucraina, Keith Kellogg, secondo cui Kiev sarebbe coinvolta nei colloqui di pace, mentre l’Europa sarebbe esclusa. “Se si tratta di veri negoziati, e non ci siamo ancora arrivati, ma se ciò dovesse accadere, l’Ucraina dovrà essere coinvolta, perché è quella che è stata invasa, e gli europei dovranno essere coinvolti perché hanno sanzioni anche su Putin e la Russia, e hanno contribuito a questo sforzo”, ha detto Rubio.
L’importanza dell’Arabia Saudita nella politica estera di Trump
Per questi primi negoziati si è scelta l’Arabia Saudita perchè è paese amico di Trump e di Putin. Ma questi colloqui metteranno in luce un altro tema in evoluzione nelle relazioni internazionali: la crescente influenza del regno, dimostrata sia sotto la guida del principe ereditario Mohammed bin Salman negli affari del Medio Oriente, sia dalle sue iniziative di soft power come gli investimenti nei campionati sportivi europei e l’organizzazione della Coppa del Mondo FIFA del 2034.
L’Arabia Saudita sarà fondamentale per un altro degli obiettivi di politica estera di Trump: porre fine alla guerra a Gaza. L’amministrazione sta cercando di convincere i sauditi e gli israeliani a un accordo di normalizzazione diplomatica che potrebbe rimodellare la geopolitica del Medio Oriente e consolidare un fronte arabo contro l’Iran. Ma un accordo del genere sarebbe politicamente impossibile per i sauditi senza un percorso verso uno stato per i palestinesi. Infatti, gli stati arabi hanno respinto duramente lo straordinario piano di Trump di trasferire in massa i palestinesi fuori da Gaza in quella che equivarrebbe a una forma di pulizia etnica.